Da La Stampa del 30/05/2003

Al centro della discussione i punti controversi del «tracciato di pace»

Sharon-Abu Mazen, dialogo ripartito a Gerusalemme

Più libere le città palestinesi in cambio di interventi contro il terrorismo

di Aldo Baquis

TEL AVIV - L’incontro di quasi tre ore fra il primo ministro israeliano Ariel Sharon e quello palestinese Abu Mazen, ha fruttato ieri un primo passo in direzione del «tracciato di pace». Come «gesto di buona volontà», Sharon ha annunciato al capo del governo dell'Anp che allenterà la morsa nella quale sono strette le città della Cisgiordania e libererà alcuni dei prigionieri palestinesi. Ma il governo di Israele si aspetta un rapido ed efficace intervento contro il terrorismo da parte dell'Autorità palestinese.
Il gesto unilaterale di Sharon riguarderà la fine, da oggi, del blocco della Cisgiordania, il ritiro (secondo quanto scrive il quotidiano «Hàaretz») delle truppe dai centri di alcune città, il permesso a parte dei palestinesi di tornare ai posti di lavoro in Israele. Inoltre, è prevista la liberazione di alcuni palestinesi in carcere in Israele e l'alleggerimento dei blocchi stradali intorno ai centri urbani. Dovrebbero anche essere rilasciati di due alti esponenti dell'Olp, da tempo prigionieri nello stato ebraico. Uno dei due, come ha spiegato il ministro dell'Informazione palestinese Nabil Amr, è Taysir Khaled, membro del Comitato Esecutivo dell'Olp e dell'ufficio politico del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (Fdlp). In cambio Sharon, secondo quanto si legge in un comunicato dell'ufficio del primo ministro israeliano, ha chiesto ad Abu Mazen di «agire in modo decisivo contro il terrorismo, smantellare le organizzazioni terroristiche, confiscare le armi illegali, fermare gli incitamenti alla violenza e creare un'atmosfera di pace». Un comunicato palestinese riferisce che «il primo ministro definisce l'incontro come serio, sincero e positivo». «È giunto il tempo - aggiunge il documento palestinese - che tanto i palestinesi quanto gli israeliani colgano l'occasione per fare la pace».
Si è trattato del secondo incontro in dieci giorni fra i due statisti che prevedono di rivedersi mercoledì ad Aqaba (Giordania), alla presenza del presidente George Bush e di re Abdallah II di Giordania. Sharon ed Abu Mazen avevano preparato l'incontro con grande cura. Il primo aveva fatto sì che il proprio recalcitrante governo accettasse il Tracciato di pace delineato dal Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu). Il suo partner palestinese ha avviato un dialogo con Hamas, per convincere gli integralisti a deporre le armi e lasciare spazio al dialogo politico.
Il grande assente della serata politica di Gerusalemme è stato ancora una volta Yasser Arafat, ieri impegnato ad ospitare il ministro degli Esteri della Nuova Zelanda dopo aver ricevuto il giorno precedente il suo omologo spagnolo, Ana Palacio. Dai microfoni allineati di fronte al suo quartier generale di Ramallah (ieri brulicante di operai, impegnati ad erigere il nuovo muro di cinta) Arafat ha lasciato chiaramente intendere di avere ancora saldamente in pugno le redini della alta politica palestinese.
Il colloquio di ieri fra i due premier è stato discretamente preparato da due équipes di funzionari israeliani e palestinesi per garantire nei limiti del possibile una conclusione positiva, che non desti cioè imbarazzo a Bush alla vigilia della sua spola in Egitto e in Giordania.
Prima di entrare da Sharon il colonnello Muhammad Dahlan, responsabile del ministero degli interni e della sicurezza preventiva, aveva sottolineato che più che le questioni generali (come quella, pure, importante di Gerusalemme) ai palestinesi della strada preme vedere fin da ora risultati tangibili: «Occorre che i carri armati israeliani scompaiano dalle strade, che cessino le uccisioni, le demolizioni punitive di case».
I due primi ministri dovevano affrontare la scorsa notte anche la questione dello scongelamento di ingenti fondi (in gran parti dazi doganali) trattenuti da Israele perchè non giungessero nelle mani di Arafat dalle quali - secondo l'intelligence di Israele - rischierebbero di proseguire fino alle cellule armate delle Brigate dei martiri di al-Aqsa. Ma il nuovo ministro palestinese delle finanze Salam Fayad, un economista di fama, incute fiducia sia a Washington sia a Gerusalemme. Non è escluso che Israele decida di utilizzare i fondi accantonati per rafforzare la immagine di Abu Mazen agli occhi dei palestinesi.
Molto interesse desta in Israele il dialogo intrapreso da Abu Mazen con i leader dei gruppi della intifada armata. «La nostra non è una logica di forza» - ha spiegato Dahlan - Crediamo piuttosto negli accordi». Gli stessi dirigenti di Hamas hanno confermato che - in cambio del rilascio di prigionieri e di un impegno israeliano a sospendere le violenze - loro stessi sospenderebbero per settimane gli attentati in territorio israeliano. Discretamente, potrebbero anche aver aggiunto in un orecchio di Abu Mazen che si asterranno anche da attacchi contro soldati e coloni nei Territori.
Anche ieri due palestinesi armati sono stati uccisi in scontri a fuoco con reparti israeliani. Un altro palestinese è rimasto ucciso ieri sera quando un carro armato israeliano ha sparato una cannonata su un villaggio nel centro della striscia di Gaza. Lo hanno reso noto fonti mediche e della sicurezza palestinesi. La notizia però è stata smentita dalle autorità israeliane, secondo le quali il giovane sarebbe morto mentre preparava un ordigno.

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