Da La Repubblica del 26/05/2003

Nelle elezioni amministrative il Psoe guadagna il 34,84% dei voti contro il 33,83% del Partito popolare di Aznar

Spagna, il sorpasso dei socialisti

L'opposizione in vantaggio, la guerra in Iraq punisce il premier

di Guido Rampoldi

MADRID - Dopo dieci anni di sconfitte il partito socialista torna ad essere la forza politica più votata della Spagna. Come Blair, anche Aznar paga il prezzo dell'allineamento all'amministrazione Bush. E stasera il giudizio si sposta in Italia. È il vento dell'Iraq: premia chi si è opposto all'invasione, ridimensiona i timonieri di quella "nuova Europa" rumsfeldiana sui quali Washington faceva affidamento, annuncia cambi di stagione. I socialisti hanno colto i frutti d'un "no alla guerra" netto e ripetuto anche in campagna elettorale fino all'ultimo minuto.

Avendo così ritrovato un profilo nitido con un messaggio forte, sono riusciti a riconquistare quell'elettorato che li aveva abbandonati da anni diventando astensionista. La loro vittoria nelle amministrative di ieri non è un trionfo, ma permette al Psoe di guardare con grande ottimismo alle elezioni politiche di marzo, quando potrebbe chiudersi, dopo otto anni, il ciclo del centrodestra. A quest'esito concorre anche il sorprendente stato di salute di Izquierda unida, un aggregato neo e post-comunista che di recente ha stabilito una certa intesa con i socialisti, dopo anni di feroci ostilità. Il Partido popular subisce una flessione modesta che però equivale ad una sconfitta personale per il premier.

Aznar aveva trasformato queste amministrative in un referendum sulla sua persona, o più esattamente sulla propria convinzione d'essere uno statista. Una vittoria gli avrebbe permesso di proclamare che la Spagna, al tempo della guerra per il 91% contraria all'avventura in Iraq, s'era ricreduta e gli riconosceva le doti d'un grande uomo di Stato. Non è andata così.
Aznar e la guerra hanno zavorrato un centrodestra che peraltro in questi anni non ha governato male e spesso si presentava con un ceto politico più professionale degli avversari.

Insieme alla sinistra, ha vinto l'Europa europea e liberale. Significativo il voto a Madrid: il Pp ha perso nelle provinciali ma guadagnato nelle municipali, dove il suo candidato a governare la capitale, Alberto Ruiz-Gallardon, è percepito dal partito e dall'elettorato come l'opposto di Aznar. Ruiz-Gallardon è un liberale, non manifesta alcun entusiasmo per l'amministrazione Bush, non dispiace alla sinistra. Di conseguenza è tenuto in sospetto dalla destra più tradizionale ("La destra ne diffida", titola la copertina del settimanale Epoca), quella cui Aznar si è rivolto in queste amministrative. Il successo personale di Gallardon ha permesso al Pp di mantenere ancora, dopo 14 anni, il governo della capitale. E adesso il neo-sindaco ha probabilità di succedere entro l'anno ad Aznar alla guida d'un Pp rinnovato in cui potrebbe esserci più Europa e meno America, più centro e meno destra.

I due più fidi alleati di Washington in Europa, Blair e Aznar, non escono bene da questo maggio. Non sono amati nei rispettivi partiti, ma li hanno portati al governo e hanno vinto due elezioni politiche consecutive: fino a ieri avevano fama di vincitori. Rappresentavano i due modelli europei di successo, l'uno di centrodestra, l'altro di centrosinistra. Ma ora è perlomeno legittimo sospettare che siano diventati un handicap più che un traino. Sono molto popolari a Washington, e stando ai sondaggi Blair, se potesse concorrere, forse vincerebbe le presidenziali Usa. Purtroppo la sorte li costringe in Europa, dove né l'uno né l'altro sembrano avere più lo smalto d'un tempo. All'inizio del mese il Labour di Blair aveva perso, nelle elezioni locali britanniche, quasi un quarto dei consiglieri che aveva nel 1999, un risultato sufficiente a rafforzare i propositi di quella larga fazione del partito decisa a liberarsi del primo ministro in modo elegante.

Secondo il quotidiano Independent lo stesso Blair sarebbe disponibile a lasciare Downing street e avrebbe proposto al suo rivale, il ministro del Tesoro Gordon Brown, un accordo per una successione indolore. Comunque sia, oggi non è più certo che il primo ministro si ripresenterà nelle elezioni del 2006.

E' certo che non si ripresenterà Aznar, come aveva annunciato da tempo. Il primo ministro sarà in carica fino alle elezioni di marzo. Gli estimatori gli pronosticano un futuro da presidente dell'Unione europea, ma forse peccano d'ottimismo. Queste erano le sue ultime elezioni: voleva vincerle. C'era in questo, ha scritto il Paìs, "una forte componente psicologica, di autoaffermazione". Da qui lo stile acre col quale ha duellato col suo rivale, il socialista Zapatero, quasi lo considerasse un usurpatore. Ha tentato di spacciarlo per un radicale, capo d'alleanza occulta "social-comunista".

Ma rispetto alla retorica di Berlusconi, Aznar è parso un'educanda. Ed è anche merito del suo Pp se anche in queste elezioni la Spagna ha confermato l'immagine d'una democrazia matura e salda, seppure con i suoi problemi. Per esempio le province basche: il partitone storico del nazionalismo, il Pnv, è cresciuto ulteriormente. Avendo assorbito elettori d'un partito legato ai terroristi dell'Eta e perciò disciolto dai giudici, ora punta ad una specie di referendum per l'indipendenza, in autunno.

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