Da La Stampa del 16/05/2003

La Russia e le altre repubbliche ex sovietiche chiudono le frontiere con Pechino

Pena di morte in Cina agli untori della polmonite

Il regime: sarà condannato chi fugge dagli ospedali e diffonde il morbo

di Francesco Sisci

PECHINO - Le frontiere sono bloccate, da Pechino non si può uscire e chi scappa dagli ospedali ora rischia la pena di morte. Mentre secondo un sondaggio gli abitanti della capitale hanno ripreso fiducia nella lotta alla Sars, la situazione del Paese sembra richiedere nuove e più dure misure per arginare l’epidemia. «La diffusione intenzionale di un’improvvisa malattia contagiosa come la Sars che metta in pericolo la sicurezza pubblica o danneggi gravemente quella personale, provocando la morte o gravi perdite di proprietà pubbliche o private, sarà punibile con pene che vanno da dieci anni all’ergastolo, alla pena di morte». Con questo fraseggio da Codice penale ieri l’agenzia ufficiale Nuova Cina ha annunciato una nuova norma ideata contro tutti coloro che, nelle passate settimane, sono fuggiti dagli ospedali o dai Centri di quarantena infettando decine di persone. Il Quotidiano del Popolo cita Li Song, 40 anni, originario di Linhe, nella Mongolia interna. Ha distrutto apparecchiature mediche ed è fuggito dalla quarantena dopo aver già infettato moglie e genitori, in seguito morti di Sars. Li Song, secondo i medici di Pechino, ha contagiato 28 persone. Lui è un «duwang», un re dell’infezione, un moderno untore, candidato alla pena capitale per la nuova legge. La pena è troppo pesante, secondo alcune organizzazioni per i diritti umani, straniere. Ma la Cina applica già la pena di morte per un ampio numero di crimini, compresa la corruzione, e ogni anno sono giustiziate almeno duemila persone. Queste misure tanto dure servono anche in vista del cordone sanitario che ormai circonda il Paese. La Russia (in 31 dei 52 varchi di frontiera) e altre repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale hanno bloccato i confini, non è consentito l’ingresso di cinesi. Lo stesso ha fatto Taiwan, che ciononostante sta registrando un progressivo aumento dei casi di contagio e dei decessi. Ieri i morti sono stati tre, e per le nuove infezioni è stato un record: 26 in un solo giorno. La polizia inizierà a fare controlli porta a porta per scoprire le persone che evadono la quarantena mentre il governo cerca, attraverso la videosorveglianza, di contenere l’epidemia. Altri Paesi asiatici hanno chiuso le frontiere di fatto, imponendo lunghe quarantene, dieci o quindici giorni, a tutti coloro che provengono dalla Cina. E sono stati rinviati a tempo indeterminato i campionati di calcio dell’Asia orientale, in programma a Yokohama, in Giappone, dal 28 maggio tra Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Cina. Lo ha deciso la Federazione calcio Asia Est accogliendo la richiesta degli organizzatori, perchè «in una situazione del genere non possiamo esporre giocatori, spettatori e cittadini al rischio di diffusione dell’epidemia». Comunque, secondo i dati ufficiali, in Cina la situazione appare in netto miglioramento rispetto a una settimana fa. I nuovi casi in tutto il Paese sono 52, meno della metà dei momenti «caldi» della settimana scorsa. I decessi negli ultimi giorni sono solo quattro. Gli addetti all’assistenza sanitaria sono le vittime principali della malattia, con 949 infetti su un totale di 5163. Loro hanno i compiti più faticosi. Hanno turni di un mese, durante i quali vivono separati dalla famiglia. Per quindici giorni sono in ospedale e altri 15 li passano in quarantena prima di ritornare a un periodo di vita normale. Calano anche i casi nelle province più a rischio, nella città di Tianjin, nello Hebei, nello Shanxi, in Mongolia interna: ieri complessivamente c’erano solo venti nuove infezioni. Ma mentre a Pechino i nuovi casi di Sars appaiono tra i soggetti che sono stati isolati e sono già considerati a rischio, in provincia la malattia ha un andamento più erratico. Compare in posti inaspettati. Né ha smesso completamente di colpire la provincia meridionale del Guangdong, primo focolaio della Sars. Qui, a sei mesi di distanza dalle prime infezioni, ancora si registrano tre, quattro casi al giorno, segno che il morbo sì regredisce ma potrebbe divenire, pur in minima misura, endemico. Ieri le autorità cinesi hanno anche deciso di fare i conti con mosche e zanzare perchè sospettati di essere veicoli di trasmissione. La campagna si concentrerà nel raggio di un chilometro attorno ai centri ospedalieri. L’amministrazione della capitale fornirà ai cittadini tutti i tipi di insetticidi tranne il Ddt, proibito nel Paese.

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