Da Corriere della Sera del 16/05/2003

Villa S. Giovanni alle urne, il ponte divide il paese

di Gian Antonio Stella

VILLA S. GIOVANNI (Reggio Calabria) - «Trentamila posti di lavoro! Più altri quindicimila nell’indotto! Da tutto il mondo verranno! Come per la Torre Eiffel! Sono cento anni che la gente va a Parigi per vedere la Torre Eiffel!». Quando parla del Ponte sullo Stretto, l’aspirante sindaco di Villa San Giovanni Francesco Siclari s’illumina come s’illuminava papà suo quando, una volta ogni quattro anni, tornava dall’America dove era emigrato e vedeva finalmente all’orizzonte l’amata Scilla dai profili aquilini. E indica la collina in alto dove dovrebbe sbucare nell’aria l’autostrada e indica di là del braccio di mare la costa siciliana e già s’immagina milioni di turisti americani e giapponesi e tedeschi a bocca spalancata a fare «oooh!» davanti all’ottava meraviglia del mondo: «L’ottava meraviglia del mondo!».

Una sola campata architettonica, tre campate politiche: un municipio di destra che tratta con una Provincia di destra che dialoga con una Regione di destra che parla col governo di destra. «Così ci si capisce meglio. Oramai il governo ha deciso. C’è una legge. Ci sono i soldi. Ci sono i progetti. Possiamo noi del Comune metterci di traverso? No. Non spetta a noi calcolare costi e benefici. Solo a Villa dobbiamo pensare. E io vedo ricadute positive». L’esatto contrario di ciò che vedono i nemici del ponte. Che immaginano l’opera come una spaventosa resurrezione del «Mostruum Scyllaeum», la mitica creatura figlia di Forbante e della ninfa Crateide con sei teste di cane e dodici zampe.

E dove gli uni vedono la bellezza marinettiana dei piloni slanciati verso il cielo, gli altri inorridiscono allo spettro della devastazione di una costa che, dopo essere stata sottoposta ad agghiaccianti devastazioni, dovrebbe ora essere sventrata per fare posto a un’immensa matassa di svincoli e alle torri di sostegno alte 382 metri. E dove gli uni applaudono al coronamento di un sogno millenario gli altri scuotono la testa sottolineando come ci siano nel Mezzogiorno decine di opere che dovrebbero avere la precedenza, tanto più che «per 350 giorni l’anno su 365 non c’è il minimo problema coi traghetti e andiamo a spendere 10.000 miliardi di vecchie lire (se tutto va bene...) per quei pochi giorni di caos che potrebbero essere facilmente risolti con lo spostamento del porto fuori città, verso sud». E dove gli uni vedono «un’occasione straordinaria di sviluppo», gli altri denunciano «la necessità di abbattere almeno 500 abitazioni con la deportazione di almeno centinaia e centinaia di famiglie e il rischio di pesantissime infiltrazioni mafiose». «Terrorismo psicologico!», risponde Siclari, «Ormai c’è una scienza, nella lotta alla mafia! E poi, io ho vissuto a Varese e mafia non ne ho vista, lì. Dove c’è sviluppo e dove c’è ricchezza, lì non c’è mafia».

Non c’è una cosa sulla quale chi è a favore e chi è contrario al ponte siano d’accordo. Non una. E forse in nessun altro posto come qui, in questo paesotto di 13.121 abitanti che con un reddito pro capite di 9.480 euro (dati dell’Istituto Tagliacarne) sta a metà strada nella classifica del benessere italiano e ai vertici della classifica calabrese, puoi vedere il contrasto insanabile tra due opposti modelli di sviluppo e le difficoltà nelle quali su certi temi si dibatte la sinistra. Se il Polo (con l’aggiunta dei mastelliani) sta tutto da una parte, al fianco di Siclari, il direttore vicario della Scuola superiore della pubblica amministrazione di Reggio che dovrebbe essere appena infastidito dal candidato di una lista civica di centro, l’Ulivo è invece spaccato in due.

Il sindaco uscente, Rocco Cassone, un pediatra quarantenne della Margherita che quattro anni fa ereditò il comune da un altro medico («Tutti medici sono! Tutti medici!», dice la destra) spiega di aver fatto di tutto per tenere unita la coalizione: «Guardi il manifesto programmatico: no al progetto del ponte, sì a un nuovo assetto del territorio con lo spostamento del porto a sud, fuori dalla città, in un’area attrezzata con bar e cinema e ristoranti e tutto ciò che può rendere più accogliente il transito dei viaggiatori. Ci sono i finanziamenti, anche se il governo ce li ha fatti penare. Ci sono i progetti. C’è la volontà. Abbiamo messo in funzione un depuratore avanzatissimo, unico in Calabria. Ridotto l’evasione dell’Ici al punto da poter abbassare le aliquote. Adeguato finalmente le scuole cittadine alle norme di legge. Rivendicato il diritto di dire la nostra rifiutando il diktat ministeriale: "Voi dovete solo essere delle tesserine omogenee al progetto". Niente da fare: i Verdi vanno per conto loro. Col rischio di far perdere noi e far vincere il Polo che il ponte lo vuole».

Rischio concreto. Tanto più che gli ambientalisti hanno candidato uno dei loro nomi di spicco: Grazia Francescato, già presidente del Wwf, già leader del Sole che ride e oggi portavoce dei Verdi europei.

Dubbi? «Certo che abbiamo avuto dubbi. Tanto più che qui la destra affaristica e 'ndranghetosa è molto forte. Ma noi Verdi siamo un po’ stufi di essere sempre schiacciati tra i Ds e la Margherita. Villa è per noi un luogo-simbolo. Vogliamo manifestare la nostra diversità fino in fondo. E dare alla sinistra un segnale forte: dateci più spazio».

«Ma proprio qui doveva essere dato ’sto segnale?», salta su Rocco Cassone, «Proprio qui dove abbiamo votato addirittura una delibera di giunta per dire no al ponte?». «Lo so, ce ne rendiamo conto», ribatte la Francescato, «Ma la posizione dell’Ulivo, oggi, è contro "questo" ponte. Noi siamo contro il ponte in assoluto e da sempre. E poi abbiamo in mente un diverso modello di società. Alternativo, non un po’ diverso. E siamo convinti che è con quello che si vince». «Capisco tutto e voglio bene a Grazia, ma qui la differenza tra noi e il Polo dovrebbe essere intorno ai 150 voti», sospira il sindaco uscente, «E col ponte in ballo quella dei Verdi mi pare davvero una scelta pericolosissima. Immagini se dovessimo perdere per un pelo...». Insomma, sbuffa la leader verde, «se perdiamo, perdiamo. Siamo stufi di mangiare rospi. Vorrà dire che la prossima volta la sinistra starà più attenta. Quanno ce vo’ ce vo’».

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