Da Il Manifesto del 08/05/2003

Immunità, privilegio assoluto

Perché l'immunità non è applicabile al caso di Berlusconi, perché non si deve tornare all'autorizzazione a procedere, perché non basta una legge ordinaria per far passare il «lodo Maccanico». Intervista al costituzionalista Gaetano Azzariti: «E' in agguato il pericolo di un ritorno alla concezione assolutista di poteri e guarantigie»

di Ida Dominijanni

«Se nel corso della sua lunga esistenza il parlamentarismo non si è procurato le simpatie non solo di larghe masse popolari, ma ancor meno dei ceti intellettuali, causa non ultima ne sono stati gli abusi ai quali conduce il privilegio anacronistico dell'immunità». Firmato Hans Kelsen, anno 1925. Il grande giurista ne deduceva che per salvare le virtù del parlamentarismo bisognava limitare l'immunità parlamentare. E la sua lezione vale oggi come allora, sostiene Gaetano Azzariti, docente di diritto costituzionale all'università «La Sapienza» di Roma, che alla materia dell'immunità ha dedicato una serie di studi. Ed è uno dei firmatari dell'appello che pubblichiamo qui sotto.

Nella sua lettera al Corriere della Sera di ieri, il presidente del consiglio parte proclamando «il diritto assoluto degli elettori di scegliersi il governo che desiderano» e «il diritto di chi governa a esercitare senza impedimenti anomali quella parte di sovranità che la Costituzione attribuisce al potere legislativo e al potere esecutivo», dopodiché argomenta che a tal fine bisogna ripristinare l'immunità parlamentare. C'è in gioco solo un interesse personale o anche una concezione della democrazia?
«L'uno e l'altra. Quello che si cerca di edificare è un castello di privilegi attorno alla classe di governo, abbandonando la via dello stato di diritto e della democrazia liberale e tornando allo stato assolutista. La democrazia liberale concepisce l'immunità a garanzia dell'autonomia del parlamento, ma insegna altresì che questa autonomia non deve sfociare nel privilegio. Il presidente del consiglio invece agita un diritto «assoluto», sciolto da ogni vincolo, del parlamento e dei parlamentari. Ma nello stato di diritto non esistono diritti assoluti né poteri assoluti.»

Berlusconi però si para dietro quello che lui chiama «il ritorno alla Costituzione». Vuole ripristinare il testo costituzionale sull'immunità modificato dalla riforma del `93...
«Un momento. La riforma del `93 ha modificato il secondo comma dell'articolo 68, eliminando il filtro dell'autorizzazione a procedere salvo i casi di perquisizione, arresto e detenzione di un parlamentare. Ma il primo comma non è stato sostanzialmente modificato, e stabilisce che i parlamentari sono insindacabili per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Anche l'insindacabilità del presidente della Repubblica, che è definita all'articolo 90 ed è più ampia di quella dei parlamentari, è limitata all'esercizio delle sue funzioni: è questo il perimetro di applicabilità dell'immunità che la Costituzione delinea. Ma nel caso del nostro presidente del consiglio, il procedimento a suo carico non riguarda atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni. Quindi l'immunità non è applicabile.»

La maggioranza sostiene il ritorno a una più ampia immunità anche con l'argomento che essa è prevista in tutte le altre Costituzioni occidentali.
«Argomento approssimativo: tutte le Costituzioni prevedono immunità e prevedono limiti alle immunità. Negli Stati uniti la Costituzione prevede la procedura dell'impeachment nel caso di reati commessi dal Presidente nell'esercizio delle sue funzioni, il tribunale ordinario nel caso di reati comuni: sia Nixon sia Clinton infatti hanno subito una condanna. Inoltre la Costituzione americana, come pure quella tedesca, limita l'insindacabilità degli atti dei parlamentari al luogo circoscritto del parlamento: la intendono in sostanza come una garanzia per l'espletamento dei lavori parlamentari. La Costituzione spagnola, più volte invocata nel dibattito italiano, considera anch'essa insindacabili i parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni. E' vero che concede loro l'immunità per tutta la durata del mandato, ma non congela le pretese dei giudici nei loro confronti, semplicemente affida al tribunale supremo l'accertamento che non siano viziata da fumus persecutionis. E nella nostra Costituzione, la formulazione dell'articolo 68 riformato nel `93 garantisce l'autonomia e la libertà politica del parlamentare eliminando il privilegio dell'autorizzazione a procedere che c'era nella formulazione precedente. Che è la strada giusta: il valore costituzionale dell'immunità non dev'essere disatteso, dev'essere configurato in modo equilibrato.»

Però sull'articolo 68 riformato è in discussione al senato un disegno di legge attuativo, a firma di Marco Boato, che introduce ulteriori modifiche, quali?
«Viene reintrodotto un filtro parlamentare: se nel corso di un procedimento a carico di un deputato o di un senatore la difesa fa eccezione, il giudice deve sospendere il processo per 90 giorni e trasmettere gli atti alle camere, che si devono pronunciare, e nel caso si pronuncino per l'insindacabilità dell'imputato il giudice può solo rivolgersi alla corte costituzionale. Si tratta dunque di una proposta che rafforza notevolmente l'immunità, per reazione, credo, alla giurisprudenza della corte che dal 2000 in poi ha effettuato uno stringente controllo sulle delibere d'insindacabilità del parlamento. Questa proposta rimane però pur sempre nell'ambito di una dialettica democratica dei poteri. Le pretese del presidente del consiglio di reintrodurre il vecchio istituto sono assai più preoccupanti.»

E il cosiddetto «lodo Maccanico» - ormai sostenuto dalla maggioranza, ma abbandonato da Maccanico stesso - , che prevederebbe la sospensione dei processi a carico delle alte cariche dello stato per tutta la durata del loro mandato?
«Sul lodo Maccanico ho in primo luogo un'obiezione procedurale: non credo che si possa introdurre con legge ordinaria, perché riguarda una materia decisamente costituzionale. Questa proposta produrrebbe infatti una limitazione della giurisdizione, il che, in assenza di una nuova norma costituzionale, sarebbe incompatibile con il diritto alla difesa (delle parti lese, nel nostro caso) sancito dall'articolo 24 della Costituzione, con l'obbligo dell'azione penale sancito dall'articolo 112, con il principio della non limitabilità della funzione giurisdizionale sancito dall'articolo 113. La corte ha stabilito nel `96 che la funzione giurisdizionale può essere limitata per tutelare principi costituzionali di pari valore (nel nostro caso, l'autonomia del parlamento), ma solo con norma costituzionale. Del resto, nell''89, per istituire il tribunale dei ministri per i procedimenti a carico dei ministri e del capo dell'esecutivo, venne modificato l'articolo 96 della Costituzione.»

E come mai Berlusconi non invoca questa norma?
«Perché anch'essa vale solo per gli atti commessi dai ministri e dal presidente del consiglio nell'esercizio delle loro funzioni. Dunque neanche questa garanzia è applicabile nel suo caso.»

Non c'è nessun compromesso possibile per evitare uno scontro istituzionale che rischia di diventare devastante?
«L'unica via d'uscita che si potrebbe concedere è un dispositivo che contempli il ricorso alla corte costituzionale per accertare l'eventuale presenza di fumus persecutionis nei conflitti fra giurisdizione e parlamento o esecutivo. Non ne vedo altre.»

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