Da Corriere della Sera del 06/05/2003

Per la sua Berkshire Hathaway utili miliardari, ma lui ha un compenso di 100 mila dollari

«Troppo divario fra dirigenti e dipendenti è pericoloso»

Buffett contro le paghe d’oro dei manager: azionisti, ribellatevi

di Ennio Caretto

WASHINGTON -Warren Buffett denuncia con toni furenti la voracità dei manager americani. E' quasi un: «Azionisti di tutto il mondo, unitevi!». Negli ultimi cinque anni, tuona all’assemblea annuale della sua società, la Berkshire Hathaway, «i loro compensi sono saliti più vertiginosamente, e più ingiustamente, che in tutto lo scorso secolo». In prima fila siede uno dei manager in questione, Michael Eisner, il presidente della Disney, ma Buffett sembra non rendersene conto. «Non crediate che ai manager interessi chi entri o non entri nei consigli d'amministrazione - prosegue -. Quello che interessa è che approvino i loro stipendi d'oro. Questo non è un problema che siano ansiosi di affrontare. Non si comporteranno da boy scout e non si ravvederanno, se non interverrete».
Così Buffett affronta il problema più scottante di questa America in crisi economica. E l’avidità dei manager, una delle cause degli scandali di Wall Street, è finita anche sulla copertina di Fortune, con l’immagine di un maiale. Buffett lo ricorda ridendo: «Dovete controbilanciare i manager - insiste parlando agli azionisti -. Il divario tra i loro guadagni e quelli dei dipendenti è pericoloso, e la loro negligenza nei vostri confronti è inaccettabile». Il mago degli investitori attacca sul suo tema preferito: i pacchetti azionari dei manager, del valore di centinaia di milioni di dollari ciascuno. «Negli ultimi 18 mesi sono aumentati a dismisura, ma non vengono mai calcolati come uscite per non fare aggravare il bilancio societario - dice - . E' ora di finirla, le società disoneste vanno punite». A questo punto l’intera assemblea si alza in piedi, concedendo un applauso fragoroso.
Warren Buffett non è solo un super manager (la Berkshire Hathaway ha appena registrato il massimo profitto trimestrale della sua storia: un miliardo 700 milioni di dollari), è anche super onesto: nel 2002, ha riscosso uno stipendio di 100 mila dollari, non di 100 milioni come alcuni colleghi, e un premio di meno di 200 mila dollari. L'entusiasmo che riesce a suscitare fra gli azionisti è del tutto inusuale nell'America di oggi, dove di solito le assemblee si trasformano in un processo ai dirigenti. Ma non si tratta solo di un omaggio alla persona di Buffett. Quando si parla della cupidigia dei manager, «il saggio di Omaha», come viene definito, diventa un capopopolo: «Ne va di mezzo l'integrità del mondo degli affari americano».
Paradossalmente, tuttavia, il suo messaggio sembra essere più ascoltato in Gran Bretagna che in America. A Londra, il ministro britannico del Commercio, Patricia Hewitt, ha preannunciato un «codice» degli stipendi e della condotta dei manager: come minimo - dichiara - i primi devono dipendere dall'andamento delle azioni delle società, e la seconda dovrebbe risultare ineccepibile. Ma a Washington, William Donaldson, il capo della Sec (la commissione di controllo della Borsa), si limita ad auspicare che manager e aziende si autocontrollino.
Per una parte crescente d'America, questo non basta più. Oltre agli azionisti, danno segni di rivolta anche i sindacati, i gruppi dei diritti civili e dei consumatori. Sinora però senza grossi risultati, a parte le dimissioni di qualche presidente o amministratore delegato. E' probabile che, se entro un anno i manager non faranno ammenda, la questione assuma una valenza elettorale. Alle urne nel novembre del 2004, l'economia e l'onestà dei suoi protagonisti potrebbero essere cruciali.

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