Da Corriere della Sera del 22/04/2003

Giovedì vertice straordinario dei Paesi esportatori

Petrolio, l’Opec, Iran e Indonesia spingono per ridurre la produzione

di Ennio Caretto

WASHINGTON - La prima riunione dell'Opec dopo la guerra dell'Iraq, in programma a Vienna giovedì, scombussola il mercato del petrolio ancora prima d'incominciare. Per la prima volta in un mese, il barile di greggio supera i 31 dollari, salendo di 53 centesimi. Il motivo principale: il cartello sembra orientato a ridurre la produzione, che a marzo è stata di 26 milioni di barili al giorno, 1 milione e mezzo di barili in più dei 24 milioni e mezzo pattuiti, cosa che ha fatto calare i prezzi. Il motivo secondario: a Bagdad è in corso un braccio di ferro tra le autorità americane e Mohammed Moshen Zubaidi, che si è proclamato governatore della capitale, su chi debba rappresentare l'Iraq alla riunione.
Un dato negativo per l'economia americana si assomma alle incertezze sul petrolio e frena Wall street e il dollaro. A marzo l'indice degli indici è sceso dello 0,2 per cento, annuncia il Conference Board. E' meglio che a febbraio, quando perse lo 0,5 per cento, ma conferma che la ripresa economica è ancora lenta, sebbene non si possa parlare di recessione. L'indice Dow Jones dei titoli industriali e quello Nasdaq dei titoli tecnologici, che erano in ripresa, incominciano a oscillare. L'euro, che era calato a 1,082 dollari, risale a 1,0866, e si rafforza nei confronti dello yen. Dopo la chiusura di venerdì non sorprende: la Borsa aspetta non solo l'Opec, ma anche i dati sui profitti trimestrali delle società.
E' Bijan Zanganesh, il ministro del petrolio iraniano, a segnalare che l'Opec potrebbe limitare il suo export. Il ministro aveva già protestato a marzo contro l'eccesso di produzione, lamentando che avesse fatto scendere il prezzo del barile di greggio del 30%, contro tutte le previsioni. Ieri Zanganesh è ritornato alla carica: «I Paesi che hanno sforato il tetto» ha ammonito «devono essere i primi a tagliare». Zanganesh non ha fatto nomi ma è parso alludere all'Arabia Saudita, che si sarebbe impegnata con gli Usa a combattere eventuali scarsità di petrolio. Lo ha appoggiato l'Indonesia, notando che se l'Iraq riprendesse la produzione, che sotto Saddam era di 2 milioni e mezzo di barili al giorno, il prezzo del greggio crollerebbe di colpo.
Sulla partecipazione irachena alla riunione di giovedì a Vienna è giallo. Zubaidi, che dice di essere stato nominato governatore di Bagdad da un Consiglio di 22 membri di esuli appena rientrati nella capitale, ha designato come capo delegazione l'ex generale Jawdat al Obeidi, per alcuni anni un rifugiato politico in America. Gli ha affiancato Mazin Juma'h, il sottosegretario al petrolio di Saddam Hussein, Abbas Gadhban, il suo direttore generale, e Shamaki Faraj, il suo rappresentante all'Opec.
L'amministratore civile americano, il generale Jay Garner, insediatosi ieri a Bagdad, non riconoscerebbe però Zubaidi, e si opporrebbe alla sua scelta. E' possibile che la delegazione parta lo stesso per Vienna, dove è attesa mercoledì, o che venga sostituita all'ultimo momento.
Secondo il Pentagono l'Iraq avrebbe bisogno di uno o due mesi per riprendere la produzione di petrolio limitatamente a 1 milione e mezzo di barili al giorno. Nel giro di un anno essa potrebbe arrivare a 3 milioni e mezzo, di cui 3 milioni verrebbero esportati. Ma come potenza occupante, l'America deve prima risolvere un delicato problema. Chi gestisce il petrolio? L'Onu, come in teoria avviene ancora, o l'Iraq, e in questo caso sotto la supervisione di chi?

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