Da La Stampa del 15/04/2003

Il panico assedia anche Pechino, ad Hong Kong trasfusioni di sangue da persone guarite a quelle malate

Pechino alla fine ammette: è vero, siamo in grave pericolo

di Francesco Sisci

QUANDO si farà la storia di questa nuova malattia, la polmonite atipica chiamata Sars, la data della svolta sarà il 14 aprile. L’agenzia ufficiale Nuova Cina riferisce che il premier cinese Wen Jiabao ha definito «grave» la situazione nel Paese e che la lotta al virus è una priorità del governo. È la prima volta. Certo, Wen ha aggiunto che «ci sono stati grandi progressi nella lotta contro la malattia» e che «l’epidemia è stata messa sotto controllo in alcune aree». Domenica la televisione aveva mostrato il premier e il presidente Hu Jintao in visita a un ospedale, poi il presidente aveva anche visto l’alto commissario per Hong Kong, Tung Chee-hwa, per discutere della diffusione della malattia nel territorio. L’incontro è stato a porte chiuse. Il tono e l’atteggiamento cinese comunque sembra cambiato rispetto ai giorni scorsi, quando il ministro della sanità Zhang Wenkang dichiarava che la malattia era sotto controllo. Infatti la settimana è iniziata con una serie di sintomi che provano come il panico che ha conquistato Hong Kong abbia cominciato a contagiare anche Pechino. Studenti all’università si scrutano, si guardano negli occhi in cerca di possibili sintomi del contagio, poi indietreggiano a un colpo di tosse, a uno starnuto. In città si dice che l’ospedale della polizia militare, dietro la zona per occidentali di Sanlitun, sia in uno stato di semi quarantena, con gente che va solo dentro e non ne esce per timore di diffondere la polmonite. L’ospedale 301, forse il migliore della città, non è in una situazione molto migliore. È il primo che ha curato i pazienti per la Sars, ed è anche il luogo deputato alle cure dei leader, il posto dove nel ‘97 morì Deng Xiaoping. In qualche modo la malattia sembra arrivata vicino alla stessa vita dei dirigenti di Pechino, tutti ultra sessantenni, quindi nell’età a maggior rischio per la Sars. Nelle università gli studenti scrivono lettere alle autorità chiedendo misure di controllo, che però non sono ancora state prese in maniera drastica, anche nel timore di aumentare il panico. In segno di attenzione, comunque, è che negli ultimi giorni chi lavora alle cucine delle mense deve indossare una mascherina. Tutto questo poi basterà? Le autorità hanno reso noto che il primo caso di Sars nella capitale risale al 1° marzo, ma è stato tenuto nascosto per non creare spavento e problemi di ordine pubblico durante la sessione plenaria del parlamento cinese, il Congresso nazionale del popolo, che si è concluso a Pechino il 18 marzo. Il 26 poi il governo ha ammesso l’arrivo della polmonite atipica in città. In questo mese di silenzio la malattia che danni ha fatto? C’è poco di chiaro, ma di certo il contagio ormai è diffuso in tutta la Cina. Nel fine settimana la Sars ha ucciso due persone in Mongolia interna, una provincia a nord di Pechino. Il governo sottolinea che mille pazienti contagiati sono guariti, 250 sono ancora in ospedale e 64 sono morti. Ma queste cifre appaiono strane se confrontate con quelle di Hong Kong, dove la malattia è arrivata più tardi ma dichiara di avere 887 pazienti ancora in ospedale, 40 morti e 223 persone guarite. Un bilancio nel complesso più grave pur avendo preso drastiche misure di prevenzione che non sono state assunte in Cina. A Hong Kong i medici hanno provato le trasfusioni di sangue di persone guarite dalla Sars in persone malate in maniera grave, una specie di vaccinazione primitiva. Ma l’idea ha incontrato problemi inattesi, hanno dichiarato i medici, anche se non hanno spiegato quali problemi. La mortalità continua a rimanere bassa, e colpisce in particolare gente anziana in cattivo stato di salute. Ma i medici sono perplessi per alcune morti di adulti tra i 35 e 60 anni, in buone condizioni. Così si avanza, un giorno dopo l’altro verso l’estate, incerti se il caldo aiuterà a combattere la polmonite, o l’umidità ne aumenterà la diffusione.

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