Da La Stampa del 14/04/2003

La caccia frenetica alla «pistola fimante»

Marines trovano due bidoni di «sostanze sospette»

In un primo tempo il comando aveva annunciato 278 testate chimiche

di Mimmo Candito

LA notizia, ieri pomeriggio, era sembrata davvero di quelle che aiutano a fare la Storia: nel cortile d'una scuola sfondata dalle cannonate, sono state trovate 278 bombe con testata chimica. Al comando generale americano l'informazione era stata passata con cautela e però anche con comprensibile soddisfazione: nessuno lo diceva esplicitamente, nessuno voleva spingersi a dichiarazioni troppo giubilanti, ma forse si era davvero di fronte alla «pistola fumante» che avrebbe confermato, anche agli occhi dei più scettici, quanto avesse ragione il presidente Bush a volere fermamente questa guerra preventiva. C'era molta tensione, telegiornali e giornali si preparavano ai titoli sparati grossi. La guerra di Bush trovava la legittimazione nei fatti. Ma, passata qualche ora, arrivava una prima smentita, o quanto meno una correzione: no, in realtà non c'è nessuna bomba chimica; quello che un sergente dei marines aveva trovato era piuttosto un deposito apparso «sospetto», uno stanzone nel quale - ammonticchiati in un angolo - stavano cinque bidoni che appunto il sergente definiva, a occhio e croce, «sospetti». I sergenti dei marines sono gente di ferro, e certamente hanno istruzioni precise su quala procedura si debba seguire per valutare se un bidone sia di antrace liquido o di fertilizzanti per il giardino della scuola. Perciò il plotone indossava subito le tute antichimiche, e procedeva a «mettere in sicurezza» quella possibile arma di distruzione di massa. Venivano convocati immediatamente gli analisti della squadra addetta alla «guerra chimica», si facevano i primi accertamenti: per 3 dei bidoni, i tecnici escludevano in pochi minuti che ci fosse un qualche rischio, a maneggiare quelle misteriose sostanze; più complesso appariva il lavoro di analisi per gli ultimi 2, e su questi alla fine il giudizio era che occcorreva un processo di valutazione più raffinato e che, così dice il testo ufficiale dell'esercito, «trattasi comunque di sostanze che possono procurare irritazione della pelle, probabilmente anche qualche vescica». Le vesciche sono fastidiose, e anche antiestetiche. E se devi indossare una uniforme un po' grezza e sudata, e portarti addosso una ventina di chili tra giubbotto antiproielle a armamento vario, diventano non solo fastidiose ma anche assolutamente insopportabili. Fino a mettere fuori uso un soldato, indipendentemente dal fatto che, poi, siano sostanze per preparare la morte. Comunque, i laboratori dei marines daranno presto una risposta definitiva. Ma è già la terza volta che il comando americano segnala «informazioni prioritarie» in arrivo dai plotoni operativi: i marines che sono sul terreno, mentre badano a salvare la pelle da qualche disperato colpo di coda di soldati nemici, sanno però bene come la ricerca - e l'individuazione senza possibilità di dubbi - di tutto ciò che viene definito «arma di distruzione di massa» costituisca un obiettivo fondamentale della messa in sicuezza del territorio iracheno. E a ogni ritrovamento sospetto, la macchina della verifica e dell'analisi dei materiali ricuperati si mette immediatamente all'opera, con tutta la cura e l'attenzione che si possono immaginare. Ora che il regime del Raìss si è sbriciolato, e che si può allleggerire la pressione militare, sganciando già dal teatro delle operazioni alcune unità della marina e dell'aviazione, restano però al livello di massima attenzione due obiettivi: il primo è Saddam, il secondo sono le armi di distruzione di massa (Adm). Nessuno esclude che tra questi due obiettivi si possano ipotizzare collegamenti diretti, tanto che una parte dello staff investigativo dei giornali americani ha già avviato una ricerca - nei corridoi del Pentagono e della Casa Bianca - per tentare di scoprire se davvero nei giorni scorsi sia stata intavolata una trattativa riservata tra il vertice del regime, a Baghdad, e il Centcom americano a Doha. L'ipotesi della «trattativa» è balzata al centro dell'attenzione mediatica quando ci si è trovati di fronte a un regime che si frantumava senza un minino di resistenza autentica (quella resistenza che aveva fatto temere a molti una possibile «Stalingrado del Golfo»), e che però, contemporaneamente, quel regime si dissolveva nella sua totalità, squagliandosi dentro una clandestinità senza tracce e senza buchi. In poche ore, come di fronte a un segnale concordato, scomparivano tutti: Saddam certamente, ma anche i suoi figli, e Tarek Aziz, e il vicepresidente Ramadan, e Ibrahim, e il segretario personale, e i ministri, e i boss del partito. Restavano, più o meno acquattati tra casa e amici, più o meno destinati a una brutta fine, solo i quadri intermedi; ma gli altri, la leadership inavvicinabile, consolidata da 24 anni di potere e di complicità, via, spariti di colpo. L'accordo segreto avrebbe dunque scambiato la fuga del vertice saddamiano con l'«apertura» di Baghdad alle truppe nemiche e, soprattutto, con l'impegno a non usaree le Adm. In guerra si raccontano un sacco di panzane, anche questa ha una sua legittimità.
Comunque la guerra, ricordiamolo, Bush l'ha lanciata perchè Saddam «aveva» Adm, e perchè, con quelle, «minacciava» il mondo. Bisognava assolutamente prevenirlo, e lo si è fatto. Ma di Adm ancora non s'è vista nemmeno un residuo di traccia, e ora questo buco innesta qualche tormentoso filamento di nervosismo nel quartier generale di Doha e alla Casa Bianca. Saddam - gran mentitore certamente - ha sempre detto di non aver più quelle armi, e - per quanto cercassero con molta professionalità - nemmeno gl'ispettori di Blix erano però riusciti a trovare il minimo di segno concreto d'un qualche deposito di Adm. Che la trattativa segreta tra Doha e Baghdad ci sia stata, o no, il problema di trovare quei micidiali depositi resta comunque prioritario. Non sarà facile risolverlo: se qualche «gola profonda» dell'entourage di Saddam non comincia a cantare, o se non spunta fuori un qualche documento che segnali un primo percorso d'avvicinamento ai depositi clandestini, la caccia ai gas diventa altrettanto incerta della caccia a Saddam. Con un'aggiunta non da poco: che una cosa è trovare «testate» armate con gas o con agenti batteriologici, e altro è trovare componenti chimico-batteriologiche che costituiscano le sostanze con le quali si potrebbero montare le Adm. E d'altronde, non costituisce scandalo che questo tipo di armi sia già stato sperimentato - più o meno ufficialmente - negli arsenali americani, russi, cinesi, francesi, inglesi. Saddam era un ditattore pericoloso, ma la guerra sporca è patrimonio universale.

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

Un ex dirigente svela chi accreditò la montatura sulle armi di Saddam. Fu l'intelligence di Roma a fornire il rapporto che "accusava" l'Iraq
Nigergate, la Cia conferma "C'è il Sismi dietro quelle carte"
di Carlo Bonini su La Repubblica del 25/04/2006

News in archivio

su Diario del 13/09/2006
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0