Da Corriere della Sera del 09/04/2003

«Dopoguerra, ruolo vitale per l’Onu»

Bush e Blair: via dal Paese solo con un governo rappresentativo. Annan annulla il viaggio in Europa

di Ennio Caretto

BELFAST (Irlanda del Nord) - Il dopo Saddam incomincia a Belfast, e avrà i colori delle bandiere Usa e inglese, con qualche sprazzo di quella dell'Onu.
Bush e Blair, in apparenza in sintonia, lo annunciano dal castello di Hillsborough, a conclusione del loro «vertice della pace». Il presidente americano, che dichiara di non sapere se Hussein sia vivo o morto dopo l'ultimo bombardamento, lo definisce «un nuovo giorno in Iraq», il premier inglese «la fine del potere del raìs». La dichiarazione congiunta riflette reciproche concessioni, ed è un chiaro tentativo di placare l'ira della Francia, la Germania e la Russia che si sentono emarginate.
Bush conferma che inizialmente l'Iraq sarà, di fatto, un protettorato anglo americano. Ma assicura anche che l'Onu «avrà un ruolo vitale» - non solo «importante» come affermato l'altro ieri - nella sua ricostruzione, compresa la nascita di una autorità irachena a interim. Su questa base alla conferenza stampa Bush e Blair si appellano al buonsenso di Putin, Chirac e Schröder - senza tuttavia nominarli - per evitare «mischie diplomatiche come quella della seconda risoluzione sul conflitto».
Blair è fermissimo: «Il nuovo Iraq non sarà governato da noi né dall'Onu. E' una falsa scelta. Sarà governato dagli iracheni. E' l'obbiettivo a cui noi tutti dobbiamo collaborare».
Quello che non è chiaro è se l'inatteso pragmatismo di Bush sia solo un espediente semantico o sia davvero un ramo d'ulivo alla troika franco-russa-tedesca, che, nel frattempo, ha annunciato un vertice venerdì e sabato a San Pietroburgo per discutere proprio di dopoguerra. Pur accogliendo l'istanza di Blair che l'Onu abbia qualche voce in capitolo nell'Iraq liberato, Bush rifiuta di delegargli la minima parte del potere politico. La dichiarazione congiunta, inoltre, parla solo di «lavorare con il segretario generale dell'Onu». E' una decisione di principio di fare di Kofi Annan il tramite con i duri critici dell'asse Washington-Londra? Pare di sì, anche se il programma di Annan - il quale aveva dichiarato che da domani a sabato sarebbe stato in visita a Parigi, Londra, Berlino e Mosca - è stato più volte modificato. Prima annunciata, la partecipazione al vertice a tre è stata smentita. Nella notte la decisione: tutto annullato, il segretario generale andrà il 17 aprile al vertice europeo di Atene. Saranno consultazioni cruciali per la presentazione e per i tempi della risoluzione al Consiglio di sicurezza «per garantire la integrità territoriale dello Iraq, la rapida consegna degli aiuti umanitari, nonché una amministrazione appropriata nel dopoguerra», come spiega Blair. Una risoluzione irrinunciabile, ha ricordato Annan lunedì, perché solo l'Onu può legittimare l'operato delle potenze occupanti.
Ma che non sembra sicura né imminente, non finché la guerra continua. Bush cerca di dissipare i dubbi sulla sua disponibilità a collaborare con le Nazioni Unite. Risponde ai giornalisti che si adopererà «per trasmettere al più presto possibile all’autorità a interim irachena le responsabilità di governo» che nei prossimi giorni saranno assunte dall'amministrazione civile americana del generale Jay Garner. A proposito del ruolo dell'Onu, il presidente insiste che «se dico vitale, è vitale, e concernerà anche questa autorità». Quando i giornalisti si mostrano incerti, lo ribadisce con visibile irritazione: «L'Onu sarà vitale, vitale, perché parteciperà al progresso dell'Iraq in tutti gli aspetti. Lo dissi alle Azzorre e lo ripeto qui. Si vede che c'è dello scetticismo in Europa su quello che io dico. Ma Saddam Hussein sa che mantengo la parola. E lo sapranno anche gli iracheni liberi». Blair interviene per allentare la tensione: «Non c'è più bisogno di mischie diplomatiche - ammonisce per la seconda volta -. Il passato è passato. Io credo che tutti abbiamo l'obbligo di aiutare gli iracheni a realizzare i loro obbiettivi». Ma è il premier ad avvertire che per settimane o mesi l'America e l'Inghilterra agiranno come meglio credono: «Assumeremo i nostri obblighi legali e morali per la stabilizzazione dell'Iraq».
Resta la realtà di fondo sgradita agli europei e agli arabi: l'accordo di Belfast esclude che l'Onu assuma la guida del dopo Saddam. E' una prospettiva che Bush non ha mai contemplato e su cui Blair ha dovuto cedere. Ma al loro terzo vertice in tre settimane, il presidente e il premier preferiscono glissare. Colgono, invece, l'occasione di trarre un bilancio del conflitto. Per Blair, «il regime s'indebolisce e, quando crollerà, qualcuno ci porterà dove sono nascosti le armi di distruzioni di massa». Bush giura che «presto l'Iraq sarà libero e in cammino verso la democrazia». Dice di ignorare la sorte di Saddam Hussein, ma di essere certo che ha perso il controllo del Paese. «La stretta attorno al collo degli iracheni si sta allentando. Non so se tutte le sue dieci dita siano già state tagliate, ma lo vengono a una a una». Martella su questo tasto: «E' importante che l'Iraq recepisca il messaggio: presto Saddam Hussein non ci sarà più, forse non c'è più da ieri; noi non ce ne andremo sino a che Bagdad non avrà un governo rappresentativo di tutto il popolo». Non è quello che ha prospettato Blair, secondo cui le forze anglo-americane «non resteranno un giorno più del necessario».

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