Da Corriere della Sera del 03/04/2003

Powell strappa ad Ankara un corridoio verso Bagdad

La Turchia concede il proprio territorio ai mezzi Usa Apertura a Ue e Nato: «Insieme nel dopo Saddam»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Powell l'europeo chiede - e almeno sulla carta ottiene - che la Turchia non entri in Iraq, cioè non invada il territorio curdo. Offre invece all'Ue e alla Nato - che accetteranno di certo - di entrarvi nel dopo Saddam per partecipare alla sua ricostruzione, pur senza precisare in che termini.
Ne parla sostando a Belgrado, nella visita a più alto livello di un leader di governo americano da 7 anni a questa parte, dopo i colloqui di Ankara, in vista di quelli previsti oggi a Bruxelles. «Non ci sarà bisogno che le truppe turche passino i confini - dichiara -. Quanto all'Europa, avrà un ruolo nell’Iraq liberato».
Per il segretario di Stato, alla prima uscita da Washington dopo mesi di crisi, è un esordio felice. La sua missione è quella di ricucire i rapporti con gli alleati e segna il rilancio della diplomazia Usa prima ancora che il conflitto iracheno sia finito. Non è chiaro quali poteri il presidente Bush gli abbia concesso, ma lo è il suo obbiettivo: accertarsi che il vertice Putin-Bush di fine maggio a San Pietroburgo e il G8 di inizio giugno a Evian rilancino il dialogo transatlantico.
Il blitz della riconciliazione di Powell incomincia ad Ankara con il premier turco Tayyip Erdogan e il ministro degli esteri Abdullah Gul. Il segretario di Stato concorda con gli ospiti un early warning system , un sistema di preallarme nel caso di tensioni alla frontiera con l'Iraq o di sconfinamenti curdi in Turchia.
Strappa anche l'assenso al passaggio in territorio turco di rifornimenti ai soldati americani in Iraq (limitato a mezzi di trasporto, carburante, cibo e farmaci, niente armi e munizioni) e all'atterraggio alla base di Incirlik di aerei militari con feriti a bordo o in serie difficoltà. «Abbiamo risolto i nostri problemi» afferma durante la conferenza stampa, facendo capire che il «no» pronunciato da Ankara il mese scorso sul transito di 62 mila uomini per il fronte Nord è quasi dimenticato.
Powell si ferma poi a Belgrado per esprimere solidarietà con il governo serbo dopo l'assassinio del premier Dindjic. E per assicurare che l'America impedirà che la democrazia si sfaldi. In un incontro con il presidente di Serbia e Montenegro, Svetozar Marovic, Powell ribadisce anche l'impegno alla stabilità e alla sicurezza dei Balcani. E coglie l'occasione per sottolineare che in Iraq la Superpotenza «andrà fino in fondo con tutta la forza, perché vogliamo che il popolo iracheno scelga liberamente un governo democratico che lo rappresenti e viva in pace con i vicini».
Da Belgrado, e in videoconferenza ad Atene, il segretario di Stato porge infine il ramo d'ulivo alla Unione europea e alla Nato. Lo fa cogliendo una serie di punti chiave. Il petrolio iracheno, dichiara Powell, «sarà usato per la ricostruzione dell'Iraq». I contrasti in seno alla comunità atlantica verranno superati «perché i valori e gli interessi comuni sono molto più forti né si può pretendere che democrazie sovrane marcino sempre allo stesso passo». Ue e Usa ricostruiranno assieme l'Iraq «indipendentemente dalle loro visioni della guerra», e «plasmeranno un avvenire migliore per tutta la regione»: un riferimento chiaro alla crisi israeliano-palestinese. Nel video alla conferenza organizzata dal settimanale Economist , Powell si spinge fino a osservare che «il mondo ha bisogno di una Ue forte, perché le sfide del ventunesimo secolo non possono essere sostenute da un solo governo».

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