Da La Stampa del 18/02/2003

I Quindici trovano un compromesso al vertice di Bruxelles per rilanciare il dialogo con Washington

L´Unione europea si ricompatta sulla crisi irachena

«La guerra non è inevitabile», ma per la prima volta parla di uso della forza

di Enrico Singer

Sono rimasti chiusi nella grande sala del Consiglio fino alle dieci di sera per trovare un compromesso. Per non ammainare la bandiera dell'Europa in mezzo alle liti. Il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Unione sull'Iraq era stato convocato per questo. «Non siamo qui per dividerci», ha ripetuto ad ogni intervento il premier greco, Costas Simitis, che nel summit si giocava anche la credibilità del suo tormentato semestre di presidenza della Ue. E alla fine un accordo è stato trovato. Su una base ampia che ha messo d'accordo tutti. Centralità dell'Onu per risolvere la crisi, necessità del disarmo di Saddam, guerra non inevitabile, uso della forza come «ultima risorsa». E solidarietà tra tutti i partner, Stati Uniti compresi. Al testo della dichiarazione comune hanno lavorato direttamente i capi di Stato e di governo del Quindici durante la cena cominciata quando il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ospite d'eccezione del vertice, dopo un'ora di colloqui, li aveva già salutati. Lasciando un messaggio chiaro: «Credo che la guerra sia evitabile, ma Saddam deve capire l'urgenza della situazione, deve rispettare la risoluzione 1441 e deve collaborare attivamente con gli ispettori che non hanno una data limite per il loro lavoro». E con un accenno, altrettanto chiaro, alle «tensioni transatlantiche» di cui il segretario dell'Onu si è detto molto preoccupato: «Viviamo in un mondo difficile, non possiamo permetterci di sopportare tensioni simili a lungo». Un invito a superare le divisioni che i leader europei hanno raccolto cercando il dialogo e un comune denominatore. Attorno a un documento in dieci punti che la presidenza greca aveva proposto, già al mattino, nel pre-vertice informale dei ministri degli Esteri e che ha messo sul tavolo della cena tra le mazzancolle gratinate, l'ossobuco di coda di rospo e il carpaccio di ananas in marinata di noce di cocco che i cuochi di Bruxelles avevano preparato. Il primo punto è quello che fissa la centralità del ruolo delle Nazioni Unite che la Ue «riconosce come il centro dell'ordine internazionale». Il secondo ribadisce che l'obiettivo è «il disarmo effettivo dell'Iraq» sulla base della risoluzione 1441. Da raggiungere «in modo pacifico perché è chiaro che è questo che i popoli europei vogliono». Ma è il terzo punto quello sul quale c'è stata più discussione nella sala del Consiglio. Afferma che «la guerra non è inevitabile» e, per la prima volta, aggiunge una frase-chiave: «La forza può essere usata soltanto come ultima risorsa». Finora la Ue non aveva mai scritto in un suo documento che l'uso della forza non può essere escluso, anche se come «ultima risorsa». Una posizione, per la verità, espressa nelle ultime settimane da tanti leader europei, anche con posizioni diverse: da Chirac a Berlusconi, da Blair a Prodi. Che adesso, però, diventa posizione condivisa. E su questo c'è stato il massimo dello sforzo di mediazione nel vertice per convincere la Germania che più volte si era dichiarata «sempre e comunque» contraria all'uso della forza. Nel documento della Ue non ci sono scadenze. Ma quando si parla delle ispezioni dell'Onu si dice che «non possono continuare all'infinito» e che Saddam ha «un'ultima opportunità»: deve collaborare davvero perché è a lui «l'onere della prova» del disarmo. C'è anche un riferimento alla crisi più generale del Medio Oriente che va risolta «se si vuole costruire una realtà di pace». E c'è, proprio all'ultimo dei dieci punti, il richiamo all'unità della comunità internazionale che, dicono i leader europei, è «vitale» per risolvere le crisi. «Noi ci impegnamo a lavorare con tutti i nostri partner, e in particolare con gli Stati Uniti, per il disarmo dell'Iraq, per la pace, la stabilità della regione e per un futuro dignitoso per i suoi popoli». Da Bruxelles, insomma, parte un segnale positivo per ricucire l'unità interna. «Il fiume dell'Europa continua a scorrere sempre, anche se ogni tanto incontra qualche pietra», dice Chirac. E quando Romano Prodi compare al fianco di Simitis nella sala delle conferenze, può dire che «l'accordo è quanto di meglio si poteva raggiungere», che «non sono stati dimenticati i milioni di persone nelle strade», che «non ci sono stati né vinti, né vincitori» perché tutti «hanno fatto un passo verso l'altro». E che «l'amicizia, la solidarietà e la comunanza di visione con gli Stati Uniti è stato il motore dello sviluppo e della democrazia nel mondo». Per il presidente della Commissione, Europa e Usa devono lavorare insieme nell'Onu: «Perché divisi siamo tutti più deboli e l'umanità meno sicura».

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